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La magnolia

  • Immagine del redattore: Giorgia Valt
    Giorgia Valt
  • 29 giu 2017
  • Tempo di lettura: 5 min

Non si ricordava dove l’aveva nascosto. Ci aveva pensato e ripensato per settimane, cercando di ripercorrere le azioni di quella giornata: non l’aveva detto a nessuno dove l’aveva nascosto e forse non aveva detto a nessuno nemmeno di averlo ricevuto. Forse l’aveva detto a Carla, la mattina dopo a scuola. Sicuramente non le aveva detto dove l’aveva nascosto, però. Ogni volta che la nonna veniva a prenderla a scuola e la portava a casa per il pomeriggio, si metteva a cercarlo con un po’ di circospezione, controllando che la nonna fosse distratta prima di lanciarsi alla ricerca del tesoro. Non voleva che nessuno lo sapesse che l’aveva perso perché era prezioso e non avrebbe dovuto perderlo. Ma non l’aveva perso, l’aveva solo nascosto in un posto e si era dimenticata dove fosse questo posto. Prima o poi le sarebbe tornato in mente. Un pomeriggio di metà aprile, Nicole attraversò il cortile del palazzo cercando di sgambettare abbastanza velocemente per stare al passo della nonna. Sul lato della mano che usava per scrivere c’era il prato con le piccole margherite e gli alberi che sapeva chiamarsi magnolia, e sull’altro lato c’erano i palazzi e gli ingressi per il parcheggio. Il palazzo dei nonni era l’ultimo in fondo, e bisognava camminare qualche minuto prima di arrivarci; a Nicole piaceva molto quel percorso, guardava le foglie carnose e scure degli alberi, i fiori con i petali bianchi e rosa. E la giornata era abbastanza calda per potersi fermare qualche minuto fuori nel prato a raccogliere qualche fiore. «Nonna, posso restare qui?» «Devi fare i compiti, lo abbiamo promesso alla mamma.» «I compiti li faccio, ma prima voglio giocare qui fuori.» «Alla nonna fa male alla schiena se resta in piedi all’aperto.» «Ma tu torni a casa e io resto nel prato. Così la tua schiena non fa male e io posso restare nel prato.» La nonna si accarezzò il mento con la punta delle dita e sospirò. «Grazie ciao.» urlò la bambina correndo lontano, senza aspettare la risposta. «Vengo a chiamarti tra una decina di minuti che facciamo merenda e poi i compiti.». Nicole non disse nulla, forse facendo finta che non l’aveva sentita. Si sedette nel prato, in mezzo ad un gruppetto di margherite belle alte e grandi: ne strappò una con delicatezza, tagliò via tutto lo stelo usando l’unghia del pollice e si poggiò la corolla rimasta sola in grembo. Prese un’altra margherita e con delicatezza infilò il gambo nel foro della corolla rimasto dopo aver tolto lo stelo: dovette fare un po’ di forza per bucare la parte gialla del fiore. Prese un’altra margherita, rimosse il gambo e infilò quello che restava nello stelo dell’altra margherita. Voleva fare una piccola corona di margherite come le aveva insegnato a fare Francesca al parco, qualche settimana prima. Ancora non c’era riuscita a farne una perché i gambi si spezzavano e le corolle si rovinavano. E comunque non sapeva come chiuderla. Le piaceva stare al sole: sentiva il caldo sulla cima della testa bionda, sulle spalle coperte dal cotone del vestito, sulle ginocchia e le mani. Quel pomeriggio faceva troppo caldo però, così gattonò fino a nascondersi sotto l’ombra della magnolia. «Ciao Nicole.». La bambina alzò lo sguardo e vide in piedi nel vialetto Marianna, quella antipatica di Marianna. «Ciao.» «Cosa fai?» Nicole non rispose, fece finta di non aver sentito. Strappò un’altra margherita e la aggiunse alla corona. «Che fai?» insistette. Nicole non rispose. Marianna si avvicinò, entrò nel prato e si sedette nell’erba poco lontano da Nicole. «Non mi parli?» «Sono occupata.» «A fare cosa?» «Una corona di margherite.» «Anche io la so fare, ma è diversa dalla tua. La mia è più lunga e viene davvero una corona.» Nicole sapeva che non era capace di fare una corona intera, perché Francesca non le aveva spiegato tutta la tecnica per fare una corona da mettersi in testa. A lei veniva solo una corona lunga quanto il gambo della margherita. Marianna strappò una margherita e si mise a copiare Nicole. «Non mi copiare.» mormorò Nicole. Mentre Marianna muoveva rapidamente le dita per creare la sua stupida corona, Nicole vide qualcosa che la paralizzò: al suo polso c’era il suo braccialetto d’oro. Il suo braccialetto d’oro. Il braccialetto d’oro che aveva nascosto. Nicole rimase in silenzio, immobile, senza sapere cosa dire o cosa pensare. Dove l’aveva trovato, perché lo aveva preso se sapeva che non era suo, magari lei ne aveva uno uguale, forse glielo doveva dire o almeno chiedere, forse lei era una ladra o forse si stava solo sbagliando. «Oggi a scuola abbiamo fatto un dettato. Voi ne fate di dettati?» esordì Marianna con voce trillante. «Sì.» «Ho preso dieci con il timbro della stella. Tu li prendi i timbri?» «Sì.» Glielo doveva dire? La mamma le aveva insegnato che non si accusano le persone se non hai delle prove. Il braccialetto era il suo, non ne aveva dubbi: aveva la stessa stellina e il cuoricino, gli anelli piccoli e luminosi. Aveva persino il minuscolo sonaglio sul gancio della chiusura. «Quello è il mio.» disse Nicole, stendendo l’indice verso il suo gioiello. «No, l’ho trovato ed è mio, adesso.». Sul viso di Marianna si disegnò un’espressione di sincera sorpresa e sbigottimento. Ma lì in mezzo alle sopracciglia c’era del senso di colpa. «Dove l’hai trovato? L’avevo nascosto.». «Là.» squittì Marianna, piegando le labbra in un sorriso felino. Indicò un punto imprecisato alla base della magnolia poco distante tra loro. E Nicole ricordò: aveva chiuso il braccialetto nella sua scatola, e aveva messo il tutto dentro una scatola di cartone poco più grande. Infine aveva nascosto lo scrigno nel buco sotto il masso vicino al tronco della magnolia. Marianna l’aveva trovato prima di lei. «Il braccialetto è il mio, l’ho nascosto io nella scatola.» insistette Nicole stringendo forte le mani. La corona di margherite venne stritolata nel suo piccolo pugno. «Chi trova tiene chi perde piange.» «Ridammelo.» «No.» «Ridammelo.» «No!» urlò Marianna, nascondendo il braccialetto con l’altra mano. Anche la sua corona di margherite venne sacrificata. Nicole si slanciò in avanti per poter afferrare il gioiello e riprenderselo, strappandolo di mano a quella ladra odiosa. «Nicole!» sentì urlare in lontananza. Nicole si voltò di scatto e vide la nonna chiudere il portone del palazzo e venire verso di loro. «Nonna, mi ha rubato il braccialetto!» gridò la bambina cercando l’aiuto della nonna per riprendersi quello che era suo. Marianna strillò come se qualcuno le stesse tirando i capelli, con tutto il fiato che aveva nei polmoni. «Stai zitta, stupida.» sibilò Nicole, tirandole i capelli; Marianna urlò di nuovo. Il suo grido riecheggiò tra i palazzi spezzando il silenzio. «Nicole!» esclamò sorpresa la nonna accennando una corsetta sgraziata fino al luogo del misfatto; Nicole non poté trattenersi dal sorridere immaginando in quel momento la nonna come un’oca grassa. Marianna esplose in un fastidioso pianto finto, urlando talmente forte che sembrava si raschiasse la gola. «Stai zitta, stai zitta, stai zitta.» mormorò Nicole, cercando di metterle una mano su quella boccaccia per fargliela chiudere. Quando arrivò finalmente la nonna, quella cretina di Marianna smise immediatamente di frignare, aggrottò la fronte e arricciò le labbra in una squallida imitazione di un broncio di neonato. «Che cosa hai fatto?» chiese la nonna. Anche la sua espressione era imbronciata: faceva sempre quella faccia quando era arrabbiata. «Lei mi ha preso il braccialetto.» «Non è vero.» «Sì che è vero!» La nonna afferrò Nicole per il polso e la sollevò di peso tirandola per un braccio. «Vieni dentro, adesso.» «Ma, nonna!» «Andiamo.». La strattonò con forza e Nicole dovette arrendersi all’evidenza di aver perso. Sentì gli occhi appannarsi di un velo di lacrime; si girò mentre la nonna la spingeva verso casa e vide Marianna giocare con la punta delle dita con i piccoli ciondoli del braccialetto. Non contenta del danno, si beò della beffa di mostrare a Nicole la linguaccia. «Nonna…» «Lo so, Nicole, ho visto che aveva un braccialetto molto simile al tuo.» «L’avevo nascosto sotto al sasso della magnolia e lei l’ha preso.» «Te l’ha detto lei, questo?» «No, lo so io questo.» «Andiamo a fare la merenda, adesso: il nonno ha deciso che vuole farti la torta e sporcarmi tutta la cucina.»

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